La mala educación è la rubrica che ospita le impressioni di Gian Paolo Serino, critico letterario e ideatore di Satisfiction. In questa occasione abbiamo affrontato i seguenti argomenti: recensioni, critica letteraria, blog e new media.
Le statistiche di mercato indicano chiaramente che, a differenza del passato, oggi le recensioni sulla carta stampata servono generalmente più a soddisfare l’ego degli autori che ad aumentare le vendite dei loro libri. Pensi che in questo senso ai giornali e alle riviste si sia sostituito il web oppure che nemmeno i blog, Twitter e Facebook siano mezzi efficaci per promuovere libri?
La critica contemporanea è ego-riferita. Ormai i lettori, tranne qualche rara eccezione, non si fidano più delle recensioni, sempre più simili a vere e proprie pubblicità. Anche perché la figura del critico letterario è finita da anni: è sempre più raro trovare degli specialisti.
Oggi tutti recensiscono tutto: dalla letteratura americana a quella tedesca a quella africana. Non esistono più critici specializzati e, quando esistono, per lo più adottano un linguaggio accademico. Il vero dramma è che con l’ansia da anticipazione (che ha sostituito quella da prestazione) i critici non fanno più l’amore con la carta, ma hanno rapporti occasionali protetti. Questo è dovuto non tanto alla pigrizia dei critici (che comunque non osano più: hanno un apparato di autocensura interiore), ma ai tempi della carta stampata che, sempre in gara con i tempi televisivi e web, cerca sempre di arrivare prima. Se una testata recensisce per prima un libro, allora l’altra testata non lo recensisce più. Ed è un cortocircuito grave, gravissimo per la libertà di stampa.
Dall’altra parte i blog letterari ormai sono per lo più un retaggio del passato, mentre i siti di recensioni non sono “bookdetector” ma… bookdetestor: sarebbero da denunciare per sfruttamento della prostituzione. Per la maggior parte dovrebbero rappresentare la libertà, rispetto ad esempio ai grandi quotidiani o settimanali, perché ne hanno i mezzi: invece cadono vittime dei soliti meccanismi editoriali (pressioni degli uffici stampa alle recensioni tra colleghi, amici, editori).
Credo che i social network possano essere la nuova frontiera della critica letteraria. Spesso si accusano proprio Facebook e Twitter di un’eccessiva democrazia del giudizio (tutti possono diventare critici). Ma chi muove queste accuse dimostra di non aver compreso, o peggio, di aver dimenticato che il critico prima che letterario è un lettore. Ecco il passa parola dei lettori è il segreto di questi nuovi media.
Naturalmente ha grande effetto anche la televisione: basti pensare al fenomeno Fabio Fazio. Qualsiasi libro presentato da Fazio è destinato a scalare le classifiche. Non è certo un male, anche perché i libri presentati da Fazio sono quasi sempre di spessore. Molto meno quelli “lanciati” dalle Invasioni barbariche con una Daria Bignardi, da sempre aspirante scrittrice, più concentrata a consigliari casi umani che letterari.
Grandi potenzialità, ancora quasi inesplorate, le offre la radio. Ecco le radio, ascoltatissime in Italia, dovrebbero inserire nei propri palinsesti maggiori rubriche dedicate ai libri. Magari con un linguaggio che non sia soltanto accademico, aulico o per lettori forti, ma che cerchi di raggiungere tutti. Anche, magari, attraverso la satira o un linguaggio rock.
Un esperimento riuscitissimo, ad esempio, quello di Mario De Santis con il suo Soul Food su Radio Capital dove è difficile annoiarsi o, ad esempio, ma è proprio un esempio a caso…, la rubrica che curo ogni martedì dalle 14 alle 15 su R101. Parlo di libri insieme alla Gialappa’s Band: un esperimento che potrebbe sembrare folle, ma che in realtà lascia in folle altre trasmissioni storiche e blasonate, ma ancorate a un linguaggio che non ti spinge a muovere il culo per andare a leggere il libro di cui parli.
Ecco credo che il segreto della critica letteraria oggi, attraverso qualsiasi mezzo, non sia guardarsi l’ombelico o fare dei trattati letterari (di Leopardi non ne esistono poi più molti), ma far muovere il culo ai lettori. Che è anche il vero scopo della grande letteratura. Proprio per questo più che un critico letterario preferisco definirmi un est